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04/04/2011

cavallo-giancarlo Altro

Giancarlo Cavallo
Il poema occupa una centralità nello sviluppo della poetica di Cavallo. Con la Quadreria, infatti, si passa da una sorta di giovanil furore diffuso nella più sciolta e libera forma del poème en prose a una maturata considerazione della misura poematica capace di dare adeguato respiro e illustrazione alla materia. Scompare qui l’orizzonte geografico e poetico delle prime maniere di Giancarlo Cavallo, che riaffiora nel poemetto Le cale di Ascea con un necessario quanto felice appannamento dell’io poetico. Il verso, come detto, è breve, per lo più pennellato e d’intensa coloritura espressionista. C’è una straordinaria quanto inconsueta plasticità delle immagini sulla quale si fonda la forza evocativa della parola. L’altra materia fondante il tratto pittorico, la luce e il suo battere sulle immagini, si diffonde in un’assimilazione nella quale l’“occhio bramò/ una fedeltà minuziosa/ inseguendo/ la chimera del vero”. Il poeta è però ampiamente consapevole di come non sia questa la sede per riprodurre il vero (“che almeno sia chiaro/ che il quadro è quadro/ e che la vita è vita/ che la gente non creda/ all’arte/ dell’illusione e dell’apparenza” in Popolo e Re) ma nella sorpresa della luce riesce a “dar vita/ in forma di figura”, lontano dall’arte dell’illusione e dell’apparenza, a una riuscita sintonia tra parole e cose.
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Di Alfonso Gatto sembra resistere in Giancarlo Cavallo la tensione morale della poesia come mostrano i poemetti Sarai Sarajevo e Poema a matita per Pier Paolo Pasolini. Plastici nel loro equilibrio formale, queste due opere offrono l’omaggio a due grandi poeti che, pur distanti tra loro, sono sentiti molto prossimi sul piano dell’etica della poesia: Izet Sarajlic e Pier Paolo Pasolini. Se il primo viene ricordato nella sua integrità e forza davanti al dolore della tragedia dell’assedio di Sarajevo (“Ti saluto poeta che non hai saputo odiare”) il secondo è visto come guida tardivamente riscoperta “da me che non sempre t’ho condiviso/ da me che spesso non ti ho compreso” recita il nostro in una sorta di mea culpa. Ambedue sembrano da adesso vestire i panni di numi con i quali Cavallo vuole ora accompagnarsi “perché la Storia non è mai finita” e la poesia può e deve trovare le risposte più appropriate all’uomo e alla sua storia.
Francesco Napoli
dall'introduzione al volume Giancarlo Cavallo, "Quadreria dell'Accademia e altre poesie", Multimedia Edizioni, 2007.
Giancarlo Cavallo è nato nel 1955 a Salerno, dove vive. Laureato in Lettere moderne all’Università degli Studi di Salerno (110/110 con lode), dove ha seguito, tra gli altri, corsi di Letteratura italiana (prof. Edoardo Sanguineti), Storia dell’arte contemporanea (prof. Enrico Crispolti), Letteratura francese (prof. Renzo Paris), Storia della critica d’arte (prof. Angelo Trimarco), Storia del teatro (prof. Achille Mango). Ha pubblicato: "Poema Robinson" (1982), "Lo stato dei luoghi”...
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