Il poema occupa una centralità nello sviluppo della poetica di Cavallo. Con la Quadreria, infatti, si passa da una sorta di giovanil furore diffuso nella più sciolta e libera forma del poème en prose a una maturata considerazione della misura poematica capace di dare adeguato respiro e illustrazione alla materia. Scompare qui l’orizzonte geografico e poetico delle prime maniere di Giancarlo Cavallo, che riaffiora nel poemetto Le cale di Ascea con un necessario quanto felice appannamento dell’io poetico. Il verso, come detto, è breve, per lo più pennellato e d’intensa coloritura espressionista. C’è una straordinaria quanto inconsueta plasticità delle immagini sulla quale si fonda la forza evocativa della parola. L’altra materia fondante il tratto pittorico, la luce e il suo battere sulle immagini, si diffonde in un’assimilazione nella quale l’“occhio bramò/ una fedeltà minuziosa/ inseguendo/ la chimera del vero”. Il poeta è però ampiamente consapevole di come non sia questa la sede per riprodurre il vero (“che almeno sia chiaro/ che il quadro è quadro/ e che la vita è vita/ che la gente non creda/ all’arte/ dell’illusione e dell’apparenza” in Popolo e Re) ma nella sorpresa della luce riesce a “dar vita/ in forma di figura”, lontano dall’arte dell’illusione e dell’apparenza, a una riuscita sintonia tra parole e cose.
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Di Alfonso Gatto sembra resistere in Giancarlo Cavallo la tensione morale della poesia come mostrano i poemetti Sarai Sarajevo e Poema a matita per Pier Paolo Pasolini. Plastici nel loro equilibrio formale, queste due opere offrono l’omaggio a due grandi poeti che, pur distanti tra loro, sono sentiti molto prossimi sul piano dell’etica della poesia: Izet Sarajlic e Pier Paolo Pasolini. Se il primo viene ricordato nella sua integrità e forza davanti al dolore della tragedia dell’assedio di Sarajevo (“Ti saluto poeta che non hai saputo odiare”) il secondo è visto come guida tardivamente riscoperta “da me che non sempre t’ho condiviso/ da me che spesso non ti ho compreso” recita il nostro in una sorta di mea culpa. Ambedue sembrano da adesso vestire i panni di numi con i quali Cavallo vuole ora accompagnarsi “perché la Storia non è mai finita” e la poesia può e deve trovare le risposte più appropriate all’uomo e alla sua storia.
Francesco Napoli
dall'introduzione al volume Giancarlo Cavallo, "Quadreria dell'Accademia e altre poesie", Multimedia Edizioni, 2007.
Ma alla fine la vera biografia dei poeti sono i loro versi, quello che lasciano all’occhio dei lettori e poco aggiunge sapere che Giancarlo Cavallo è nato nel 1955 a Salerno, che lì da sempre vive, che ha un unico amore e un unico figlio e che poco ha fatto in campo letterario: “Poema Robinson” (1982), “Lo stato dei luoghi” (1993), “Santa Maria de Alimundo” (1994), “Oltre le terre emerse” (1996), “Breviario dell’avventuriero” (2000), “Quadreria dell’Accademia e...