Nuova collaborazione Casa della poesia e il Fatto Quotidiano
04/04/2011

Le parole povere (estratto 2)

Le parole povere (estratto 2) Les Mots pauvres
Non posso più iniziare una giornata senza leggere un poema. Prima, non sapevo leggere la poesia. Mi ricordo che il poema si svolgeva davanti a me, come dall’altro lato di una insormontabile finestra. Nel migliore dei casi, la poesia mi impressionava. Pensavo di non essere sufficientemente intelligente per essa.
Adesso, mi sembra al contrario che essa sia consenso alla semplicità. Che essa non domandi, a chi la legge, che di abbandonarsi. Di lasciarsi andare. Scelgo testi in lingua straniera. Sulla pagina di sinistra è stampata il poema nella sua lingua, sulla pagina di destra nella sua traduzione. Ed ogni mattino, leggo una poema, o due, ad alta voce. Voglio dire: ad alta voce interiore e talvolta anche, nella lingua del poema, muovendo le mie labbra e disponendo la bocca come per proferirla. Perché, anche se sono impotente a farla suonare, la lingua continua a vivere in me. E a sentire così lo spazio interiore della mia bocca variare seguendo i suoni della lingua straniera, quelli che nessuna abitudine mi ha reso familiari, mi ridà, più forte di prima, il sentimento della carne del linguaggio. Solo dopo vado al poema tradotto. Il senso allora offerto mi sembra il figlio possibile, tra gli altri, della mia prima e carnale lettura.
Mi è anche successo dopo qualche giorno una cosa strana. Ho intrapreso la lettura di poemi russi. Non conosco niente del russo e i versi sulla pagina di sinistra, che allineano le lettere di un alfabeto che mi è sconosciuto, erano chiamati a restare interamente silenziosi per me. Ho tuttavia ostinatamente cominciato ogni mattino a percorrere con gli occhi, guidata dalla lunghezza di ogni verso, il taglio delle parole ed il segno di interpunzione, la pagina di sinistra prima di portarmi a quella di destra. E poco a poco ho avuto l’impressione di capire il poema, di leggerlo veramente in russo, come se credere così desse la sua ricompensa: sulla pagina di sinistra, il poema mi apre ad un segreto di cui, sulla pagina di destra, scopro un’incarnazione.
Je ne peux plus commencer ma journée sans lire un poème. Avant, je ne savais pas lire la poésie. Je me souviens que le poème se déroulait au-devant de moi, comme de l’autre côté d’une infranchissable fenêtre. Au mieux, la poésie m’impressionnait. Je pensais n’être pas suffisamment intelligence pour elle.
A présent, il me semble au contraire, qu’elle est consentement à la simplicité. Qu’elle ne demande, à celui qui la lit, que de s’abandonner. De se quitter. Je choisis des textes de langue étrangère. Sur la page de gauche est imprimé le poème dans sa langue, sur la page de droite dans sa traduction. Et chaque matin, je lis un poème, ou deux, à haute voix. Je veux dire: à haute voix intérieure et parfois même, pour la langue du poème, en remuant mes lèvres et disposant ma bouche comme pour la proférer. Car, même, si je suis impuissante à la faire sonner, la langue continue de vivre en moi. Et de sentir ainsi l’espace intérieur de ma bouche varier suivant les sons de la langue étrangèr, ceux qu’aucune habitude ne m’a rendus familiers, me redonne, plus fort qu’avant, le sentiment de la chair du langage. Après seulement j’en viens au poème traduit. Les sens alors offert me semble l’enfant possible, parmi d’autres, de ma première et charnelle lecture.
Il m’arrive même depuis quelques jours une chose étrange. J’ai entrepris la lecture de poèmes russes. Je ne connais rien au russe et le vers sur la page de gauche, alignat les lettres d’un alphabet qui m’est inconnu, étaient appelés à rester entièrement silencieux pour moi. J’ai cependant obstinément commencé chaque matin par parcourir des yeux, guidée par la longueur de chaque vers, la coupe des mots et le signe de ponctuation, la page de gauche avant de me rendre à celle de droite. Et peu à peu j’ai eu l’impression d’entendre le poème, de le lire vraiment en russe, comme si faire ainsi confiance portait sa récompense: sur la page de gauche, le poème m’ouvre à un secret dont, sur la page de droite, je découvre une incarnation.
Giancarlo Cavallo