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04/04/2011

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Abdellatif Laâbi
Premio Goncourt 2009 per la Poesia a Abdellatif Laabi

di Kenza Sefrioui

Anche se meno noto del Premio Goncourt per la Letteratura, quello per la Poesia ha celebrato grandi nomi della poesia come Yves Bonnefoy, Eugène Guillevic, Lorand Gaspar e ancora Philippe Jaccottet. Abdellatif Laabi è il primo ad averlo ricevuto in Marocco. Tra i membri della giuria, anche Tahar Ben Jelloun – Premio Goncourt 1987 – che grazie alla rivista Anfas/ Souffles, fondata tra gli altri da Laabi, ha mosso i suoi primi passi nel mondo della letteratura: “Senza Anfas (…) probabilmente non sarei diventato scrittore. Devo a Laabi quello che per me ha rappresentato un punto di partenza fondamentale”.
Laabi nasce a Fez nel 1942. La madre, “Ghita dagli occhi verdi come l’origano”, donna concreta e affascinante, è la figura principale della sua autobiografia Le fond de la jarre (Il fondo della giara). Il padre, artigiano fabbricatore di selle, “ha mandato i propri figli alla scuola franco-musulmana perché potessero imparare la lingua dei potenti di allora e rendersi conto della loro forza”. Durante l’infanzia, come fantasmi, i primi narratori e in particolare lo zio “Tuissa”: “L’Omero della tua giovinezza, il seminatore della tua immaginazione, colui che ti ha affidato il meraviglioso tesoro de Le mille e una notte e le storie di Sif Ben Di Yazan e di Hamza al-Bahlawane”. A scuola, il primo contatto con la lingua francese: uno scoppio di risa davanti a questo strano borbottare. Crescendo, ricorda di quando era un adolescente ribelle che leggeva i romanzi di Dostoevskij tutti d’un fiato e scriveva poesie malinconiche sui bambini dei vicoli di Fez, invece di andare a lavorare in qualche bottega, come tanti suoi coetanei che portavano avanti le tradizioni degli antichi artigiani. Più tardi, scopre Driss Chraïbi, Mohammed Dib, Albert Memmi e comincia a interessarsi al romanzo moderno, al teatro dell’assurdo, alle avanguardie russe, alla poesia americana, all’astrattismo. Profondamente influenzato dal “Mouvement de la negritude”, legge soprattutto Frantz Fanon.
Dopo il Liceo Mulay Idriss a Fez, la Facoltà di Lettere di Rabat: “Il corso di letteratura francese scarseggia di potenziali professori e la sua iscrizione viene accolta subito. E lui che sognava di studiare cinema o al limite filosofia!” Studente salariato, si laurea nel 1965, per poi essere nominato professore al Licée des Oranges di Rabat – lo stesso anno in cui assiste alla repressione delle manifestazioni studentesche a Casablanca. Partecipa alla creazione del Teatro Universitario Marocchino – occasione in cui incontra la futura moglie Jocelyne. Promuove le rappresentazioni I fucili di madre Carrar di Bertolt Brecht e Pic-nic in campagna di Fernando Arrabal, propone adattamenti teatrali dei testi di Aimé Cesaire e Leon Gontran Damas. Scrive “poesie chilometriche da far uscire gli sciacalli dalle loro tane”. E’ il periodo della rivolta “contro i valori e gli schemi pietrificati”. “La rottura rappresenta l’unica soluzione, una rottura violenta e radicale”, scrive nelle sue lettere dal carcere, col titolo di Chroniques de la citadelle d’exil (Cronache della cittadella d’esilio). E ancora: “Sognavo di cambiare l’umanità e trasformare la realtà con la sola forza delle idee, speravo di salvare il mondo invocando l’unica verità sull’arte”.

Gli anni di Souffles

Nel 1965, in collaborazione con Mustafa Nissabouri e Mohammed Khair Eddine, Laabi fonda la rivista Anfas/Souffles (Soffi), di cui diventa direttore e che raccoglie in sei anni di vita i più grandi nomi della letteratura marocchina. Una vera svolta nello stile di scrittura e un punto di partenza per la creazione della casa editrice Atlantes, con cui Laabi pubblica la sua prima raccolta poetica Race (Razza), proclamando: “Una poesia vale più la pena cantarla che leggerla. Non leggete, ascoltate!”.
Uno dei suoi primi testi più importanti rappresenta una sorta di viaggio: L’Œil et la Nuit (L’occhio e la notte). Più tardi, dirà a sua moglie: “Ho la sensazione di aver scritto questo libro per raccontarti di me, per farti conoscere le sofferenze della mia infanzia, la mia solitudine, la mia ribellione e per mostrarti la nostra storia, il nostro paese, la nostra speranza”. Ribellioni e speranze che nel frattempo si concretizzano nell’attività politica e culturale. Nel 1968, Laabi si iscrive al Partito della Liberazione e del Socialismo (PLS): conosce Ibrahim Serfaty, con cui, grazie anche a una profonda amicizia, creerà più avanti l’Associazione di Ricerca Culturale (ARC). Questo incontro contribuisce in modo rilevante alla svolta politica che prenderà la rivista Souffles. Nel partito, intanto, si scatena da parte di un gruppo di giovani militanti una reazione alle posizioni adottate dalla direzione. Laabi, dopo meno di un anno dalla sua adesione, lascia quindi il PLS per partecipare alla fondazione di un partito clandestino marxista-leninista che prenderà il nome di Ila al-amam (Avanti). Il 27 gennaio 1972, durante l’ayd al-kabir (la festa del sacrificio), Laabi viene arrestato per la prima volta. Lo stesso giorno viene interrotta la pubblicazione della rivista in Marocco.
Colpevole di aver provocato agitazioni nell’ordine pubblico, il 25 febbraio gli viene concessa la libertà provvisoria, ma lo arrestano una seconda volta il 14 marzo con l’accusa di aver attentato alla sicurezza interna nazionale. Le torture e la lunga attesa: un anno e mezzo prima di essere processato. Racconta in Un Continent humain (Un Continente umano): “Il giorno del processo, le prove contro di me, considerate schiaccianti, si riducevano a una raccolta completa di riviste Souffles. Il governo, autore di questo processo-parodia, aveva associato la mia ribellione come intellettuale al mio impegno politico. Non era un discorso del tutto sbagliato ma, nella logica dei potenti, uno scivolamento del pensiero verso la politica diventa particolarmente pericoloso. La condanna a dieci anni di prigione per i “peccati” che avevo commesso non appariva quindi sproporzionata. Un periodo di tempo ideale per soffocare un’idea, oscurare un cattivo esempio, distruggere una vita”. Laabi trascorre otto anni e mezzo dentro la “Cittadella d’esilio”, la prigione centrale della città di Kenitra, allontanandosi nel frattempo dal marxismo-leninismo.
Una forte pressione internazionale si scatena in favore del suo rilascio, mentre gli amici pubblicano in Francia i suoi lavori: dalle poesie come L’Arbre de fer fleurit (L’albero di ferro fiorisce), Histoire des sept crucifiés de l’espoir (Storia dei sette crocifissi della speranza), alle lettere come Le Règne de Barbarie (Il regno della barbarie) e Chroniques de la citadelle d’exil (Cronache della cittadella d’esilio). Intanto, nel 1979, lo scrittore riceve il Premio Internazionale per la poesia, da parte della Fondazione Nazionale delle Arti di Rotterdam e nel 1980 il Premio per la Libertà, dal Pen Club francese. Il 18 luglio 1980 viene rilasciato, ma gli vengono tolti diritti civili e passaporto. In quel periodo scrive Sous le bâillon le poème, (Sotto la maschera la poesia) Discours sur la colline arabe (Discorso sulla collina araba) e il romanzo capolavoro Le Chemin des Ordalie (Ordalia, tradotto anche in italiano): opere accomunate dal loro far riferimento all’esperienza in carcere, per denunciare le violenze e le ingiustizie, sostenere la lotta dei detenuti, rendere omaggio a mamme, sorelle e mogli che combattono al loro fianco. Contemporaneamente, collabora con riviste culturali illegali come Al-Taqafa al-jadida (La nuova cultura), Al-Badil (L’alternativa), Al-Jusur (I ponti).

Militante armato di letteratura

Nel 1985, Laabi va in esilio in Francia, dove riceve il titolo di Commendatore delle arti e della letteratura. Nel 1994, decide di tornare in Marocco per stabilirvisi, ma questo rientro non lo soddisfa. Il suo racconto Le Spleen de Casablanca (Lo spleen di Casablanca) giunge a testimoniare tutto quello che ha dovuto sopportare e le sue speranze deluse. Nel 1996, raggiunge nuovamente la Francia e da quel momento si divide tra i due paesi.
Nei suoi numerosi lavori, Laabi esplora i più svariati generi letterari: il teatro, con Exercice de tolérance (Esercizi di tolleranza), il romanzo con Les Rides du lion (Le rughe del leone), la letteratura per bambini con Saïda et les voleurs de soleil (Saida e i ladri del sole), un omaggio a Saida Menehbi e il saggio con Les Rêves sont têtus (I sogni sono ostinati). Ma la forma di espressione più amata rimane la poesia. Nel 1988, diventa membro dell’Accademia Mallarmé, Premio di Poesia per gli autori che scrivono in francese. A partire dagli anni Novanta, i suoi racconti cominciano ad intrecciarsi l’un l’altro, assumendo una forma più intimistica, anche se in modo diverso: tra questi, Tous les déchirements (Tutti i dissidi), L’étreinte du monde (L’abbraccio del mondo), Fragments d’une genèse oubliée (Frammenti di una genesi dimenticata), Les Fruits du corps (I frutti del corpo), Ruses de vivant (Astuzie dell’essere vivente), Ecris la vie (Scrivi la vita), Tribulations d’un rêveur attitré (Tribolazioni di un sognatore abituale).
Nel 2005, Laabi pubblica La Poésie marocaine de l’Indépendance à nos jours (La poesia marocchina dall’indipendenza ai nostri giorni), un’antologia di autori vari che scrivono in francese, arabo classico, dialetto marocchino e berbero.
Lavora anche come traduttore di autori arabi contemporanei, quali: Abdallah Zrika, Mohammed Al-Maghout, Hanna Mina, Abdelwahab Al-Bayyati, Qassim Haddad. Conosce e diffonde la poesia palestinese: la sua antologia La Poésie palestinienne de combat (La poesia palestinese di lotta) è una profonda testimonianza della sua generazione e raccoglie testi in lingua francese di giovani poeti come Mahmud Darwish, Samih al-Qasim, Fadwa Tuqan. Nel 2007, riceve il titolo di dottore honoris causa dall’Universitè de Rennes II in alta bretagna, anche se lui continua a definirsi ‘cittadino poeta’, firma con cui diffonde sul proprio sito e sulla stampa articoli molto diretti e personali riguardanti la realtà politica e culturale del Marocco.
Il Premio Goncourt per la Poesia arriva il 12 gennaio 2010, due giorni prima della pubblicazione di due nuovi lavori presso la casa editrice La difference: il secondo volume della sua Opera poetica e il racconto Le livre imprevu (Il libro imprevisto).

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Souffles, on-line su: http://clicnet.swarthmore.edu/souffles/sommaire.html

1969 : L’Œil et la nuit, (poésie, La Différence, Minos)
1982 : Le Chemin des ordalies (roman, La Différence, Minos)
1983 : Chroniques de la citadelle d’exil, (lettres de prison, Denoël)
1997 : Un Continent humain (entretiens, Paroles d’aube)
2002 : Le Fond de la jarre (autobiographie, Gallimard)
2005 : La Poésie marocaine de l’Indépendance à nos jours (anthologie, La Différence)
Ecris la vie, prix Alain Bosquet, (poésie, La Différence, Clepsydre)


Traduzione dall’arabo di Elisabetta Libanore

da: http://www.babelmed.net
Abdellatif Laâbi, “nascita presunta nel 1942„. Una boutade? Nient’affatto. Una data di nascita a occhio e croce, quando le autorità del protettorato si decidono a generalizzare lo stato civile in Marocco. Un’indefinitezza che si addice ad un uomo che insorge contro le etichette. Vada per il 1942. All'inizio, Fès, dunque. “Le viuzze ed i cimiteri. „ Città-labirinto dove i bambini si sfregano alla vita, cimiteri dove si gioca al calcio a piedi nudi per non danneggiare le...