«Se leggessi "Archeologie", penserei subito che mi sarebbe piaciuto scriverlo. Se non l’avessi ancora letto, mi piacerebbe leggerlo. Contro tutte le leggi del pudore, direi che mi piacerebbe averlo scritto, o letto, perché amo questo libro. Ma poiché non si è proprietari e nemmeno veri autori di ciò che si scrive, faccio questa dichiarazione d'amore: "Archeologie", ti amo.
Nelle sue poesie si parla di e da un passato comune: con fascino, con sorpresa, con entusiasmo. La poesia scopre sempre o quello che non sappiamo, o quello che pensavamo di non sapere ma che in realtà sapevamo: la corrente del tempo e della storia lascia in noi scorie e strati in cui le poesie vogliono (inconsciamente) entrare. Accanto a questa archeologia, nella seconda parte, "Civitas", il ritorno agli strati più profondi (anch’essi inconsci) del passato personale dell’autrice, del mio passato: il giardino della mia casa d’infanzia, il ricordo di mio padre perduto? Elegia, e non: il passato viene trasposto come se fosse un presente vivo».
Ada Salas