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04/04/2011

La cucina in tempo di guerra Poesie

La cucina in tempo di guerra Wartime Kitchen
Penso alle donne di Yannis Ritzos
che marciano verso la cucina al primo rumore di guerra
penso alla mole della nonna a Jersey City,
una mole che non potrei mai riprodurre mentre avanzo
con passo felpato per tritare il basilico cresciuto
l’anno scorso, spazzolare il gatto, tagliare l’aglio
per condire l’insalata.
Occupazioni deliberatamente tranquille, benchè potrei cominciare
a lanciare le pentole come mia madre, posso dirti
che potrei fare un tale putiferio che ti chiederesti chi
è impazzito, ed è il mondo
nelle foto che non porterò in casa,
nell’atteggiamento malizioso canzonatorio di un presidente
impostore, messo lì da un pugno di corporazioni
Potrei mostrarti come il pianto mi ha scavato nel cuore
un buco profondo come le pantofole
in cui lei affondava i piedi nelle fredde mattine polacche,
sono diventata quella donna babushka
testimone della carneficina, ogni spiritosaggine è fuori
luogo, niente scherzi su bambini infranti o madri
urlanti, i soldati morti sono essi stessi bambini
Niente scherzi sui bambini, i bambini di chiunque
non perdono il loro massacro
il petrolio le armi l’oro in pile alte quanto questa casa
non possono comprare la loro risata, non possono seppellire le loro urla
nella notte, io accuso i vecchi bianchi affogati nell’avidità
dei loro assassinii, batterò su ogni pentola e padella
che possiedo per un mondo libero dalle loro mani.


Willow, NY, April 2003.
I think of Yannis Ritzos’s women
marching to the kitchen at the first sound of war
I think of the bulk of Grandma in Jersey City,
a bulk I could never duplicate as I pad across
the floor to grind the sweet basil grown
last season, to brush the cat, to chop garlic
for salad dressing
Deliberately quiet tasks, though I could start
throwing pots around like my mother, I can tell you
make such a ruckus you would wonder who had
gone insane, and it’s the world
in the photos I will not bring home,
in the leering sneering posture of an imposter
president, put in charge by corporate fists
I could show you how weeping has worn a hole
in my heart as deep as the slippers
she thrust her feet in cold Polish mornings,
I’ve become that babushka woman
witnessing carnage, all wisecracks are out
of place, no jokes for broken children or screaming
mothers, dead soldiers are children themselves
No jokes for the children, everybody’s children
I do not forgive their slaughter
the oil the arms the gold piled high as this house
cannot buy their laughter, cannot bury their shrieks
in the night, I accuse the old white men drowned in greed
of their murder, I will bang every pot and pan
I own for a world free from their hands.


Willow, NY, April 2003
Raffaella Marzano