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04/04/2011

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Kajetan Kovič Slovenia sloveno Kajetan Kovič è nato a Maribor in Slovenia nel 1931. Nel 1956 si è laureato all’Università di Lubiana (sezione per la letteratura mondiale e la teoria letteraria). Per molti anni è stato redattore capo della Casa editrice di stato della Slovenia) a Lubiana.
È membro dell’Associazione degli scrittori sloveni, del PEN sloveno e membro onorario dell’Associazione degli scrittori ungheresi. Dal 1991 è anche membro dell’Accademia Slovena delle Scienze e delle Arti di Lubiana, la città dove vive.
Ha pubblicato numerose raccolte di poesie, tra cui "Ogenjvoda" (Acqua di fuoco), 1965, Premio fondazione Prešeren 1967; "Labrador", 1976, Premio Prešeren 1978 (si tratta del premio nazionale più prestigioso); "Le ore del sambuco", 1999, e romanzi tra cui "Tekma" (La partita), 1965, "Pot v Trento" (Un viaggio a Trento), 1994 e "Il professore di immaginazione" (Professor Domišìjije), 1996, un romanzo realistico, poetico e ironico al tempo stesso, ambientato a Lubiana nei mesi che precedono il terremoto del 1895. Ha pubblicato anche libri di poesia e di prosa per l’infanzia.
È un poeta famoso e pubblicato in tutto il mondo. I suoi libri sono stati tradotti in inglese, tedesco, italiano, ungherese, croato, greco, macedone, ceco e slovacco, serbo e ungherese; lui traduce poesia dal tedesco, francese, russo, ceco e ungherese. In Italia: Campanotto (Udine) ha pubblicato, nel 1999, la raccolta (con testi a fronte) "Le ore di sambuco" (Bezgove ure), tradotta e curata da Jolka Milic, e l'editrice Hefti di Milano, nel 2000, il romanzo breve "Il professore di immaginazione" (Profesor domišljije), tradotto da Tomo Jurca e Paolo Belotto.
Nel 2004 ha preso parte a "Il cammino delle comete" (Pistoia).
Il 7 novembre 2014, dopo una lunga malattia, Kajetan Kovič si è spento a Lubiana.
Autore di quatto romanzi, di un libro di racconti, di una decina di libri per l'infanzia, di un libro di saggi sulla poesia slovena e di diciassette raccolte di poesia, tra le quali segnaliamo: Prezgodnji dan (Giorno prematuro), 1956; Korenine vetra (Radici del vento), 1961; Ogenjvoda (Fuocoacqua), 1965; Vetrnice (Anemoni), 1970; Pesmi (Poesie), 1973, Labrador, 1976, Pesmi (Poesie), 1981, Dežele (Regioni), 1988, Poletje (Estate), 1990, Letni casi (Le stagioni), 1992, Sibirski ciklus (Ciclo siberiano), 1992, Lovec (Il cacciatore), 1993, Glas (La voce), 1998, Vrt (Il giardino), 2001, Kalejdoskop (Caleidoscopio), 2001 e Pesmi (Poesie), nella collana libri in miniatura, 2003. Kovič fa parte di quell’esiguo numero di poeti che non si accontentano della poetizzazione più o meno riuscita, intelligente e attraente del conosciuto e dell’accessibile, bensì per tutto il tempo, da una poesia all’altra, da un verso all’altro, va creando un mondo tutto suo, intimamente articolato, che va oltre quello reale, oggettivo, che noi tutti incontriamo e che viviamo da un giorno all’altro, quantunque ciascuno per conto proprio. Persino quando a causa della reciproca alogica dipendenza tra le varie parti, si tratta di una finzione più o meno poetica, egli è dentro di sé consistente e credibile: è pur vero che la variante poetica del mondo e della vita va al di là della possibilità reale della propria realizzazione, eppure in queste liriche entrambi, il mondo e la vita, sono artisticamente in se stessi, nella propria struttura interna e nell’idea, del tutto logici, accettabili, e ci invitano alla ricerca e alla scoperta di una sorta di senso esistenziale (in ciò consiste l’impegno lirico di fondo dell’autore) persino là dove solitamente non ne andiamo in cerca perché non lo vediamo, ma neppure lo intuiamo, essendo troppo inviscerati nell’incompatibilità dei contrari e nelle esclusioni della nostra personale percezione e dell’esperienza di tutto ciò che vive intorno a noi.
Si tratta semplicemente del fatto che la letteratura di Kovič, specificamente la sua poesia, è più vera della vita stessa.
Ciril Zlobec