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04/04/2011

27/09/2007 Sarajevo, mon amour. Un festival di versi per rinascere

Sarajevo, mon amour. Un festival di versi per rinascere
27/09/2007 Flavio Santi Liberazione

La capitale della Bosnia-Erzegovina ospita la sesta edizione degli Incontri internazionali di poesia dedicata al poeta bosniaco Sarajlic scomparso cinque anni fa. Da domani letture di autori provenienti da tutta Europa, Italia compresa e non solo Chi è pratico dei Balcani assicura che Sarajevo è destinata a diventare il nuovo "ombelico" dell'Europa, una sorta di nuova Berlino, per vivacità culturale, nomadismo intellettuale e mondano, ricchezza di stimoli e offerte. Naturale punto d'incontro dell'Europa dell'Est e dell'Ovest, la città sta cercando di dimenticare gli atroci fantasmi dell'assurda guerra etnica jugoslava, e lo fa appellandosi a tutte le risorse e le energie a disposizione, dall'urbanistica alla musica, dal cinema alla letteratura, dalla politica ai concerti rock. Da domani fino a domenica tocca alla poesia: la capitale della Bosnia-Erzegovina ospiterà la sesta edizione degli Incontri internazionali di poesia, curati dalla Casa della poesia di Salerno insieme alla locale Ambasciata italiana. La manifestazione è dedicata al grande poeta bosniaco, morto nel maggio del 2002, Izet "Kiko" Sarajlic, testimone dell'immane tragedia della guerra (ecco un assaggio della sua potente poesia: «E' già da trenta ore / che le granate / piovono su di noi da ogni parte. // Una di queste / ha appena sorvolato / la mia poesia. // E' stata tirata dal Mrkovici / dove prima della guerra raccoglievo margherite / con la donna che amo»). Gli incontri avranno luogo nel magico e glorioso cinema-teatro "Primo maggio" (Kino Bosna), vitalissimo punto di riferimento culturale della città. Si inizierà venerdì con la presentazione del volume Epigrammi romani di uno degli eredi di Sarajlic, il serbo Sinan Gudzevic (Multimedia Edizioni, pp. 80, euro 12,00), che cala in una scrittura dal respiro classico (sono distici elegiaci, rimati e assonanzati) i fatti, più o meno tragici, più o meno malinconici, di quell'enorme mistero che è la vita. Anche qua un assaggio dimostrativo: «Alija, sappi che mai, al tavolo della nostra taverna / Mai più potremo bere e insieme cantare, / Senza che serbi, croati, bosniaci, montenegrini, albanesi, / Avvelenino il calice nostro, tristi rendendoci e muti. / Sulle canzoni adesso si stendono stermini e massacri, / Ciò che un dì paventammo, ora ci fa compagnia. / Sia dannato colui che questo silenzio ci impose, / Ogni fine politico, tutti i giochi di forze, / Franjo e Slobo dannati e Milan e Momir e Kiro». Seguiranno interventi dedicati a Umberto Saba e ad Allen Ginsberg, a dieci anni dalla morte; la proiezione del film surrealista Le coquille e le clergyman di Germane Dulac, sceneggiato da Antonin Artaud, e video di Izet Sarajlic, Lawrence Ferlinghetti, William Burroughs, Ante Zemljar, Ken Smith. Ma saranno i poeti, con le loro performance, a tenere banco. Per l'Italia ci saranno Roberto Mussapi, autore di forte ispirazione epica e tragica (ricordiamo almeno la sua ultima raccolta, appena uscita nello Specchio mondadoriano, La stoffa dell'ombra e delle cose ) e Gianluca Paciucci, fine mediatore culturale (ha appena tradotto per Infinito Edizioni Sarajevo, mon amour di Jovan Divjak, struggente resoconto di mezzo secolo di storia della ex Jugoslavia). Si potranno ascoltare poeti d'eccezione, poco o per nulla noti in Italia - per la solita miopia soprattutto delle grandi case editrici, ma il discorso sarebbe lungo. Rappresenteranno la Spagna Jordi Doce e Manuel Rico, il primo nutrito di cultura anglosassone e votato a un denso paesaggismo; il secondo più dedito a una poesia intima e memorialistica. Per restare all'Europa convenzionalmente dell'Ovest: lo svizzero di lingua tedesca Beat Brechnbül, acuto pantografatore di sensi («Ogni notte sogno il mare» inizia una sua celebre poesia); l'olandese Ruben Van Gogh, scatenato performer dalla vena caustica (in Italia è appena stato tradotto l'irriverente L'uomo lingua , Albalibri, 2007). Dal bacino del Mediterraneo arriveranno quattro delle più autorevoli personalità: l'egiziano Hassan Teleb, di cui ci piace ricordare la dolente poesia dedicata a Kerbala, il villaggio devastato nella guerra in Iraq (qualche verso: «Lo attesto: / Un giorno mio padre m'ha detto / che suo padre gli ha detto un giorno: / "E' il vostro suolo / Moriteci da martiri, / Non viveteci da schiavi". / Attesto che mi ha citato una parabola / Che porto con me sempre: / Due montoni / Lottavano a colpi di corna. / L'arbitro era il lupo! / Attesto di averlo attestato: / Come può un gregge di montoni chiedere l'aiuto del lupo!»); il tunisino Tahar Bekri (qualche verso per farsi un'idea: «I dinosauri si ricorderanno di un certo umanoide immolatosi per il petrolio, le cui ceneri non offrono neppure del buon fosfato agli extraterrestri»); il turco Metin Cengiz (più intimista: «un passero ferendosi le ali / lasciando tracce della sua ferita sulle rocce / è uscito dalla fessura / ha zigzagato nell'aria / sono sopraggiunti altri passeri / e hanno cominciato un canto fresco e dolce») e infine il siriano Adel Karasholi, di origine kurda, rifugiatosi in Germania («Ho portato con me / Nelle suole delle scarpe / Le strade strette dell'infanzia / Che si aggrappano alle trecce grigie / Della montagna / Negli occhi / La piccola menta vicino al ruscello»). Da oltreoceano la statunitense di San Francisco (ma di origini inuit) Genny Lim, impegnata in un percorso memoriale acceso da forti passioni. Ma soprattutto ci saranno loro, i poeti della ex Jugoslavia, con il loro potente canto epico, la loro sofferta emotività. Ci sarà Abdullah Sidran, mitico sceneggiatore di Emir Kusturica ( Papà è in viaggio d'affari e Ti ricordi di Dolly Bell? ). Ci sarà la giovanissima (del 1983) promessa della poesia bosniaca, Bjanka Alajbegovic. Ci sarà il romanziere e drammaturgo Nenad Velickovic (in Italia noto per Il diario di Maja , storia di un'adolescente durante l'assedio di Sarajevo). Ci sarà Maja Vidmar, erotica e sepolcrale. Ci sarà Vojo Sindolic, poeta e pittore, direttore ai tempi di Tito dell'unica rivista di rock&roll, grande conoscitore della poesia beat americana (e Allen Ginsberg lo definì "il beatnik buddista slavo"). Davvero il meglio della poesia slava di questi decenni. Se anni addietro Arbasino invitava provocatoriamente a fare una gita a Chiasso - più che sufficiente allora per svecchiarsi -, adesso invitiamo gli amanti della poesia (poeti e non, addetti ai lavori e non, critici e non) ad allungare un po' il tragitto, e farsi una gita a Sarajevo: si faranno un'idea della vera poesia, dell'urgenza dei sentimenti, della necessità del rischio e della testimonianza. Saranno giornate intense. Perché le rose di Sarajevo (come adesso vengono chiamati i fori dei mortai rimasti sui muri, a tragico monito) tornino a diventare rose vere. Flavio Santi