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04/04/2011

01/01/2002 Vuoi vedere che Napoli fa sul serio

Vuoi vedere che Napoli fa sul serio
01/01/2002 Mimmo Grasso L'immaginazione

In questa mezza estate si sono registrate due scosse culturali importanti per la capitale del “pensiero meridiano”:il Napolistritfestival e Napolipoesia, una tre-giorni di poesia internazionale. La prima, organizzata nelle piazze che si aprono sulle assi di quella grande X che è il centro storico, ha visto la partecipazione di molte migliaia di giovani che hanno improvvisato cortei, bande musicali e tarantate (peraltro tecnicamente ineccepibili, a dimostrazione che questa generazione ha fatto sua una tradizione dionisiaca e plurimillenaria). Il genius loci della poesia era la statua del Nilo, alias Corpo di Napoli, dove ci sono stati interventi di assoluto interesse e rilievo. È il caso di Cultureinmovimento (Ioni, Petrella, Tricarico,) che con la loro polifonia “maccheronica” hanno fatto da pendant alla stratigrafia e all’ urbanistica architettonica di Napoli; è ancora il caso del giovanissimo Talamo, capace di usare il corpo come un’orchestra; è il caso del Poeta, un giovane artista di strada che, con look in tema e con banchetto-penna-calamaio, all’angolo del vicolo scrive poesie su commissione: geniale; è il caso ancora di tutti quelli che hanno avuto voglia di leggere le loro cose o “semplicemente” di parlare, affettuosamente accolti da Pino Imperatore e Antonio Sorrentino, capipopolo dei poeti.Il Nilo è diventato,in quest’estate di rivi debordanti,linguistica- mente torrenziale ma finalmente un po’ risvegliato. Se non si fosse stati a Napoli, dove tutto appare normale, molti autori, anche il sig. Massa, di Frattamaggiore, poeta che non sa leggere e scrivere ma dalle immagini forti come pitture paleolitiche e dai ritmi perfetti come stanze del Poliziano, sarebbero apparsi fenomeni d’avanguardia. Molto strutturata l’azione di quelli di Casadellapoesia, svoltasi dal 13 al 15 settembre al Maschio Angioino, in una scenografia che di per sé meriterebbe un commento (a proposito: i gabbiani che volteggiavano sui versi dei poeti erano un fatto occasionale o erano stati prenotati?). A piazzetta Nilo eravamo on the road e nel posto preciso dove, per chi viene dall’ovest, finisce l’occidente e inizia l’oriente e viceversa: un suk; al Maschio Angioino, nella piazza d’armi del castello e con l’atteggiamento degli addetti ai lavori di corte, eravamo consapevoli di star seduti sul quadrivio delle lingue. Chi si dedica a eventi di questo tenore, è un artista dell’organizzazione, considerando anche i sempre modesti mezzi possibili alle amministrazioni locali. Iagulli merita un plauso per la gestione e la logica dell’evento: presentare per la terza volta al pubblico napoletano la grande poesia e proporre in altre città un viaggio verso l’ascolto della poesia (“Il cammino delle comete”) presuppone una competenza manageriale non da poco e la consapevolezza del rischio, del momento in cui tutto si gioca nel “momento della verità”, alla Norman, vale a dire quando fornitore e utente si incontrano. Il “prodotto” poesia è stato proposto nudo come il Davide di Michelangelo su uno sfondo di pietra e pietre fiondate sono state le parole dei poeti. Grande il rispetto per i testi, letti in lingua originale, con il solo supporto di un powerpoint. Che vuol dire? Che non si è fatto ricorso a un medium che non fosse la voce e la presenza fisica del poeta, rischiando che il pubblico, abituato in genere a essere stimolato con altre tipologie di attrattori (musica, danza, filmati,diaporama) avrebbe potuto cedere alla disattenzione (diciamolo: alla noia, perchè si sa che comunque e sempre la poesia va metabolizzata nella lettura e rilettura).Abbiamo visto invece migliaia di persone molto attente e interessate a capire (un gruppo-bersaglio dunque alto ma numeroso) e, in più e soprattutto, molti giovanissimi ascoltare e commentare seduti per terra. Vale a dire che il destinatario era molto attento a “ciò che mi dici” e a “come me lo dici” più che a momenti di partecipazione emotiva. Chi può sostenere allora, senza aver mai rischiato in prima persona, che la poesia non ha mercato? Chi può dire, dopo questa esperienza sul campo, che la poesia non è letta, non è sentita, non è voluta? La semplicità con la quale è stata proposta è essa stessa un lavoro poetico e certamente lo spettatore torna a casa portando nelle tasche il senso generale dell’azione che in tal caso è un rinnovato impegno sociale del poeta.Rimane, cioè, l’immagine di questo o quell’autore che dichiara una propria poetica di denunzia,di non-allineamento, una voglia di pace, di rivisitazione del proprio passato e di quello del proprio popolo.Questo è l’elemento che mi pare più importante in termini di rapporto col pubblico e da questo è il più riconoscibile e, sull’attuale scenario, il più atteso, come se il pubblico volesse proprio questo, perché anche a scuola gli hanno insegnato che il poeta è testimone e interprete, in prima persona, di un disagio globale, è, anche quando finge, vero.Che, in altre parole, non è quello che vede in televisione ricevere il premio e poi sale sulla sedia a leggere la poesia di Natale come i bambini scemi.Nulla è peggio di Premiopoli per la letteratura che riduce gli autori,solleticando un umano narcisismo, a belle statuine rendendoli totalmente innocui e muti. Vale, in termini di visibilità e consenso, molto di più l’esser presenti in operazioni come queste due citate. D’altra parte, quando il futuro è incerto (e lo è sempre, altrimenti non sarebbe futuro), quando le azioni fatte (il passato) hanno bisogno di chiarezza (perché l’ho fatto?) si tenta, sgomenti per la pluralità di scelte che implica il futuro, di scegliere quella che si individua chiaramente nella propria memoria,che è una capacità previsionale. Ecco allora Adoun parlarci, a 30 anni dalla morte, in formule tra razionale e mitico, dell’uomo con la stella in fronte come i maghi, i principi delle fiabe o gli eroi delle saghe, el Che. Ecco Etel Adnan, bellissima e ieratica nei suoi 77 anni, dialogare con Majakoskij in un impegnativo poema; Mimi Khalvati proporci, con la tenerezza e l’eleganza di una Li Qingzhao di oggi, immagini di un’ancestrale semplicità, su cui passeggia un pavone umiliato dalla sua stessa bellezza. Harrison, che conosciamo come poeta dagli argomenti privati molto forti, scavati con metafore implacabili, ci ha parlato del Kossovo in maniera altrettanto oggettiva e, a tratti, con affettuosa ironia; straordinaria l’epopea dei giovani morti dello sloveno Salamum; Agneta Falk ci invia cartoline dal sudamerica con il dolore illustrato e ci ricorda in modo magistrale (ne abbiamo lette centinaia con lo stesso argomento) l’11/9 come 11/9 di un qualsiasi anno. Questo testo è un gioiello stilistico e un miracolo emotivo perché è autentico e l’ho immaginato, mentre la Falk leggeva con la sua voce possente e modulare, inciso su una stele nello spazio delle Twin Towers o scritto con lo spray su un muro. Va dato atto a “Casadellapoesia” di essersi posta un’altra questione: se voglio avvicinare il pubblico alla grande poesia devo creare, in termini di complessità per un prodotto complesso, una rete di corrispondenti-lettori (sul modello dei “Presidi del libro”) e proporre l’acquisto di opere a prezzi accessibili (non so voi ma io ogni volta che vado in libreria comincio a pensare che il libro più che a comunicare serve come oggetto di prestigio, con quel che costano, così come la scrittura era un elemento di distinzione sociale per gli etruschi abbienti):ecco allora edizioni “veloci”, di battaglia, attente più al contenuto che alla carta e alla copertina. Quattro gli italiani sul palco: Baino, De Luca, Majorino, Sovente. C’era poi un grande assente, onorato da tutti, e che è stato l’ideatore di questi incontri, un maestro morto l’anno scorso e la cui descrizione per citazioni o per poesie ce lo fa apparire come una persona buona, sognante, determinata, intenta a giocare a scacchi sotto le bombe, come De Luca ci dice dei vecchi di Sarajevo: Sarajlic, con versi del quale e in omaggio al quale ripensiamo ai due eventi napoletani:”Baciare gli amici: L’ho già fatto in realtà/davanti all’hotel Plaza a Salerno./Non vedo tuttavia la ragione per non farlo anche in una poesia”. Be’, se lo si può fare in una poesia sarà forse consentito anche in un resoconto critico.

Mimmo Grasso