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04/04/2011

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L'amore disinterrato e altre poesie 2002 180 Il linguaggio di Jorge Enrique Adoum, manifesta esuberanza verbale, ampio repiro, tono colloquiale profondamente antilirico, straordinariamente demistificatore e espressamente sperimentale che contribuisce alla ricerca di nuove forme per raccontare e sopportare la solitudine propria dell'essere umano. Un'ampia antologia di uno dei maggiori autori dell'America Latina. 88 – 86203 – 35 – 7 Altre Americhe Raffaella Marzano Raffaella Marzano MECCANICA QUANTICA
Introduzione alla figura poetica di Jorge Enrique Adoum


Jorge Enrique Adoum (Ambato, Ecuador, 1926) è un poeta meritatamente noto nella letteratura latinoamericana contemporanea, in cui non necessita di alcuna lettera di presentazione. Adoum poeta e Adoum uomo sono il diritto e il rovescio della stessa medaglia, in questo caso preziosa e che vale la pena di farne tesoro, una voce propria americana alla quale siamo felici di offrire tribuna e spazio in queste pagine.
Cominciò i suoi studi di Filosofia e Diritto nel suo Ecuador natale, che più tardi completerà in Santiago del Cile. Nel suo paese esercitò le funzioni di professore all’Università Centrale di Quito, Direttore del Servicio de Ediciones de la Casa de la Cultura Ecuadoriana, segretario de l’Instituto del Teatro, Director Nazional de Cultura e diplomatico. Nel 1963 fu inviato dall’UNESCO in India, Giappone, Egitto e Israele nell’ambito del programma “Conocimiento de los valores culturales de Oriente y Occidente”. Ha risieduto a Pechino dove, tra le altre cose tradusse 37 poesie di Mao Tsetung, e fu esperto dell’UNESCO per lo studio delle culture latinoamericane.
Sulla sua ampia traiettoria di vita e letteraria possiamo mettere in evidenza che la preoccupazione sociale per il suo paese, Ecuador (estendibile a tutta l’America Latina), si annunciò già nel suo primo libro di poesie Ecuador amargo (1949), in cui la protesta e la ribellione erano evidenti e assumevano forma di natura poetica, di insurrezione di fronte a una realtà amara –tanto amara come lo sono state e disgraziatamente continuano ad essere, tante realtà americane. Verranno poi Notas del hijo pródigo e Relato del extranjero.
Nel 1963 comparve la versione completa de Los cuadernos de la tierra, che contiene quattro raccolte: Los orígenes (1952), El enemigo y la mañana (1952) – che gli valsero il Premio Nacional de Poesía di quello stesso anno -, Dios trajo la sombra (1959) – che nel 1960 sarebbe diventato il primo di letteratura ispanoamericana Casa de las Americas- e Eldorado y las ocupaciones nocturnas (1961) una raccolta che è una sorta di viaggio sperimentale dell’uomo americano, che si concretizza nella figura dell’ecuadoriano. In questa opera, la sua lirica, profetica e straripante, scava nel tempo e nella storia fino a giungere alla genesi indigena del suo paese, (un motivo costante nella sua produzione letteraria, che pure incontriamo in altri suoi libri seguenti, El amor desenterrado, in cui il poema che dà il titolo alla raccolta – in una linea di scrittura che anni più tardi avrebbe reso famoso un altro poeta, questa volta anglosassone, Seamus Heaney- si basa sull’impatto che produsse su Adoum la scoperta di alcune ossa fossili, i resti, sembrerebbe, di due amanti amerindi allacciati in un abbraccio sopravvissuto all’ineludibile putrefazione dei secoli). Questo ingente memoriale ecuadoriano, con risonanze da Ercilla a Neruda, passando per i poeti romantici e neoclassici, evoca gesta americane infestate da condor, uomini, vigogne, sacerdoti, oralità e scrittura, verità storica e fabulazione apocrifa, per sboccare negli inizi dell’indipendenza a cui pone termine una poesia dedicata a Eugenio Espejo. Poesia di meticciato e miti, di convulsione e forza, Los cuadernos de la tierra, sono un canto corale pieno di profondità, immagineria e ricchezza verbale.
Con Curriculum mortis (1968), Informe personal sobre la situación (pubblicato in Spagna nel 1973, ed Aguaribay), Prepoemas en postespañol (1979) e No son todos los que están (1979), simpatizza per nuovi percorsi poetici e il suo linguaggio si trasforma in popolare, ironico, ludico e pieno di insolenza di fronte alla visione delle contraddizioni, vergogne e miserie degli esseri umani contemporanei.
Nel 1946 pubblicherà il romanzo, Entre Marx y una mujer denuda, con varie possibilità di lettura, nel quale esplora una scrittura sperimentale e complessa, in cui offre le sue sempre giuste riflessioni sull’arte del raccontare, la sociologia del gusto letterario e la funzione dello scrittore in un ambiente difficile per la produzione artistica, e contemporaneamente riscatta validamente il passato letterario e sociale del suo paese e offre al lettore una visione cruda e senza giri di parole dei suoi compatrioti come uomini e donne alienati, sottomessi al potere costituito, (potere sempre istituito in nome della forza e della violenza e, di conseguenza, potere che una persona come Adoum negherà sempre di riconoscere come legittimo).
Ha coltivato altresì il teatro con El sol bajo las patas de los caballos (1970), e ha realizzato una notevole opera critica: saggi su Valéry, Rilke, Eliot, Maiakovski, García Lorca, Hughes, Vallejo…, raccolti nel suo Poesía del siglo XX (1957).
L’immaginazione è la più scientifica delle facoltà, affermava Baudelaire, perché è l’unica capace di comprendere l’analogia universale; e la figlia diretta della immaginazione, diceva questa volta Lorca, è la metafora, nata a volte di getto dall’intuizione illuminata dalla lenta pena del pensiero. Io aggiungerei, ispirata da una vecchia consegna scientifica di Böhr, che la poesia è il livello subatomico del linguaggio: là dove tutto deve succedere in un altro modo, se vuole succedere.
È in questa specie di mecánica cuántica poética che abitano i versi di Jorge Enrique Adoum. I suoi versi terreni, magnetici, vigorosi, le sue parole che contengono in esse una logica che sfugge alle volgari leggi del linguaggio costituito.
Perché, dove potremmo trovare il modo di dare nome con maggiore esattezza al mondo se non attraverso il linguaggio poetico? Come, altrimenti, potremmo definire quelle luci e quelle ombre che incrociano accanto a noi ogni giorno? Come ricorderemmo la felicità passata senza che la seppellisca l’oblio, il silenzio? Come sedurremmo, vilmente, di sorpresa o con versi tremanti, quel possibile amante, o quella amante, a cui ormai non causiamo neanche uno spasmo oculare d’emozione?
Dar nome, definire, raccontare, sedurre…, la poesia è – o almeno a me sembra- il regno della meccanica quantica del linguaggio: un luogo in cui tutto è possibile, dove persino l’impossibile, precisamente per esserlo, ha grandi possibilità. In principio, fu la parola, tutto si fece attraverso essa. Però è curioso il suo destino, come direbbe Vaclav Havel: oggi le parole significano una cosa e domani potrebbero smettere di avere significato, o avere un significato completamente opposto. Le poesie di Jorge Enrique Adoum ci parlano di questo mutevole destino del linguaggio. Descrivono paesaggi umani tropicali, di frequente femminili, perché Adoum tra Marx e una donna nuda certamente nove volte su dieci sceglierebbe la donna – e non sempre la nudità sarebbe la causa. Ci racconta perché la sociologia manca di utilità pratica. Ci offre una immagine inedita: quella della terra percepita come un essere umano indifeso e dominato sempre con violenza. Disinterra, in una parola, l’amore e la vita, per trasmetterci l’emozione del tempo e la rabbia della memoria con qualcosa che, senza dubbio, somiglia molto alla pietà.

Angela Vallvey
LE VITE COMUNICANTI

andò al lavoro con il sapore della malanotte
il capo lo trattò da comunista e negro
mangiò un panino al prosciutto sottilissimo
tornò all’ufficio carcere o canile
parparlò di che per cosa con chi
scrisse le stesse lettere di ieri per un qualche giorno
andò in banca a mendicare un sacco due mesi medicine
lo maltrattarono sui trasporti pubblici
e avanzò a piedi sotto la pioggia fitta
però lei lo chiamò la notte e gli lesse il suo scritto
“andò al lavoro maltravagliato dalla malanotte
fu preso a calci in faccia dal suo capo
mangiò un panino di vuoti e vuoto
tornò bue involontario al mattatoio
parlò di tutto e nulla con uno e con nessuno
scrisse lettere di altri per altri altri
in banca lo trattarono da terzo mondo
nei trasporti pubblici nessuno parlava con qualcuno
attraversò questa notte la vita sotto la luna piena
e preparò la festa della carne doppia
(questa è anche un’autenticuna verità di poesia)”
allora seppe che sempre era stato
un pocoautore di tutte le sue poesie

*

fece il letto che aveva rivoltato la notte
lavò le tazze della magra colazione
passò l’aspiratore di stracci per la casa
lavò la camicia le calze i fazzoletti
preparò il pranzo per sopramorire il pomeriggio
lavò i piatti i coperti inservibili
cucì bottoni nei pantaloni languidi
lasciò tempo per fare compere per fare da mangiare
e lavò le casseruole del già vissuto
però lui la chiamò quella notte e le lesse il suo scritto:
“rifece il letto che disfece la notte
lavò nelle tazze i sorsi gli sbadigli
aspirò la polvere delle cose della casa
lavò l’odore di entrambi incollato sulla sua camicia
fu regina una mattina almeno nella cucina?
prolungò nella tavola le scadenze quotidiane
lavò nelle casseruole i resti di futuro
mise alcuni bottoni in mancanza di monete
andò alla macelleria chiesa pulita
e preparò la doppia festa della carne
(anche questa è unicautentica veritàdura di poesia)”
allora ella seppe che sempre era stata
un pocoautrice di tutte le sue poesie
LAS VIDAS COMUNICANTES


fue a trabajar con sabor a malanoche
el jefe lo trató como a comunista y negro
se comió un sandwich de jamón flaquísimo
volvió a la oficina cárcel o perrera
hablabló de qué para qué con quiénes
escribió las mismas cartas de ayer para algún día
fue al banco a mendigar un saco dos meses medicinas
lo maltrataron en los transportes públicos
y avanzó a pie bajo la lluvia espesa
pero ella lo llamó en la noche y le leyó lo escrito
“fue al trabajo maltrabajado por la malanoche
recibió en la cara jazos de su jefe
se comió un sandwich de huecos y vacío
volvió buey involuntario al matarreses
habló de todo y nada con uno y con ninguno
escribió cartas de otros para otros otros
en el banco lo trataron como al tercer mundo
en los transportes públicos nadie hablaba con alguien
cruzó esta noche la vida bajo la luna llena
y preparó la fiesta de la carne doble
(esto es también autentiúnica verdad de poesía)”
entonces supo él que siempre había sido
un pocoautor de todos sus poemas

*

hizo la cama que revolvió la noche
lavó las tazas del desayuno flaco
pasó el aspirador de un trapo por la casa
lavó la camisa las medias los pañuelos
preparó el almuerzo para sobremorir la tarde
lavó los platos los cubiertos inservibles
cosió botones en los pantalones lánguidos
hizo tiempo para hacer compras para hacer comida
y lavó las cacerolas de lo ya vivido
pero él la llamó esa noche y le leyó lo escrito:
“rehizo la cama que deshizo la noche
lavó en las tazas los sorbos los bostezos
aspiró el polvo de las cosas de la casa
lavó el olor de ambosdós pegado a su camisa
¿fue reina una mañana siquiera en la cocina?
prolongó en la mesa los plazos cotidianos
lavó en las cacerolas los restos de futuro
le puso unos botones a falta de monedas
fue a la carnicería iglesia limpia
y preparó la doble fiesta de la carne
(esto es también unicauténtica verdadura de poesía)”
entonces ella supo que siempre había sido
un pocoautora de todos sus poemas)
Adoum Jorge Enrique
Jorge Enrique Adoumnato ad Ambato (Ecuador) nel 1926. Ha iniziato gli studi nelle aule di un istituto gesuita, grazie al quale è diventato ateo e antifalangista, e li ha terminati in una scuola pubblica dove “trovare il marxismo e la psicoanalisi è stato come acquisire le due chiavi che hanno aperto le porte del mondo”. Studia Filosofia, Lettere, Giurisprudenza, all’Universidad Central dell’Ecuador prima e poi all’Universidad di Santiago del Cile. Nel 1944 entra a far parte di «Madrugada», movimento che segna una svolta nella storia della poesia ecuadoriana, accogliendo le innovazioni delle prime e delle seconde avanguardie e proclamandosi politicamente di sinistra. Tra il 1945 e il 1947, durante il suo soggiorno in Cile, lavora come segretario personale di Pablo Neruda nella cui casa incontra tra gli altri scrittori, Rafael Alberti, Nicolás Guillén, Miguel Ángel Asturias. Con Neruda mantenne “un’amicizia invariabile e intermittente che durò dal 1945 al 1971, anno in cui lo salutai, a Parigi, senza sapere che non l’avrei più rivisto.”
Espulso dal Cile, Paese a cui doveva tanto, tornò nel suo Ecuador “umiliato e povero”, nel gennaio del 1948, e dopo essere stato insegnante di letteratura, direttore delle edizioni della Casa de la Cultura Ecuatoriana e Direttore Nazionale della Cultura del Ministero dell’Educazione,
nel 1963 viaggiò in Egitto, India, Giappone e Israele nell’ambito di un programma Unesco. Proprio in Israele – ultima destinazione di quella missione – apprese via radio che i militari avevano organizzato un colpo di Stato in Ecuador “Sono rimasto lì, allora, come dice un detto popolare ecuadoriano, come un cane in canoa” dove non poté tornare e dovette rimanere in Francia come insegnante di spagnolo in un liceo vicino a Le Havre. Tornato a Parigi, lavorò fino al 1968 come giornalista presso la Radiotelevisione francese e come lettore presso la casa editrice Gallimard. “Il maggio ‘68 è stato fino ad oggi l’unico evento storico a cui ho partecipato o almeno assistito (quando è scoppiata la guerra civile spagnola ero molto giovane; la rivoluzione cinese non ci riguardava, forse perché era cinese, forse perché era lontana; le belle “marachelle” cubane ci hanno colto di sorpresa; per il Vietnam ero troppo vecchio e, in ogni caso, non ci è stato chiesto aiuto). Era l’unico movimento in cui la poesia era coinvolta e in cui si lottava contro la stupidità”.
Dal 1964 al 1966 ha vissuto a Pechino, lavorando per la New China News Agency. Dal 1969 al 1986 è stato funzionario delle Nazioni Unite a Ginevra e dell’Unesco a Parigi. Nel 1987, tornato in Ecuador, ha ricoperto molti incarichi nel settore della cultura, fra cui direttore editoriale della Casa della Cultura Ecuadoriana. “Ho l’impressione che la patria, da lontano, fosse come un’amante con la quale ho avuto relazioni appassionate che mi hanno portato a rifiutarla e a riconciliarmi con lei; e che da vicino, nonostante la volgarità dell’immagine, sia come la madre che non smettiamo di vedere a volte brutta, sempre povera, generalmente ingiusta, solo perché le vogliamo bene. Ma fin da quando ero adolescente, ho rivendicato il diritto di criticarla, proprio perché è umana.”
Il 3 luglio 2009 si è spento a Quito, in Ecuador.
Nel corso della sua carriera letteraria ha scritto poesie, opere teatrali, romanzi, racconti, saggi, giornalismo, saggistica, critiche letterarie e antologie durante i suoi soggiorni in vari paesi del mondo e nel suo paese d’origine. A Parigi entra in quella grande comunità latinoamericana di scrittori, intellettuali, rifugiati, esiliati e fa parte del comitato di redazione del Corriere dell’Unesco fino al 1987; traduce inoltre in spagnolo opere di autori di diversi Paesi e collabora con riviste e giornali in Ecuador e all’estero.
Le sue prime raccolte, Ecuador amargo (1949) e Los cuadernos de la tierra (1952-62), riecheggiano le metafore telluriche di Neruda e il clima del Canto GeneraCurriculum mortis (1968) e in Prepoemas en postespañol (1979) si definisce il suo particolare linguaggio e i suoi modi specifici di manipolazione e ricostruzione dei vocaboli. I suoi non sono mai semplici giochi di parole (spesso difficilmente traducibili), ma una forma di ribellione e di contestazione di ciò che chiama “subdemocracias cuarteleras” (sottodemocrazie da caserma). Nel 1952 viene insignito col Premio Nazionale di Poesia, e nel 1960 riceve a Cuba il prestigioso premio Casa de las Américas.
Il suo romanzo Entre Marx y una mujer desnuda (1976), è probabilmente il migliore esempio di romanzo sperimentale in Ispanoamerica dopo Rayuela di Julio Cortázar. Come Rayuela, il romanzo di Adoum si costruisce sotto gli occhi del lettore e con la partecipazione del lettore stesso. Dal romanzo è stato tratto da Camilo Luzuriaga un bellissimo film dal titolo omonimo.
Adoum è anche autore di teatro (El sol bajo las patas de los caballos, 1976), e di una interessante, acuta e talvolta pungente opera critica.
Nel 1997, in occasione della commemorazione (30 anni) della morte di Guevara, è stato invitato a Cuba a Casa de las Americas a tenere un discorso. In quell’occasione ha scritto e letto uno struggente e bellissimo poema dal titolo Che: fugacità della sua morte.
È tornato alla poesia con lo straordinario El amor desenterrado, ispirato allo sconvolgente ritrovamento di una coppia di amanti del periodo paleo-indio in Ecuador.
Le sue opere sono tradotte e pubblicate in molti paesi e inserite in innumerevoli antologie.
Agli inizi del nuovo secolo ha pubblicato, prima a Cuba e poi in Ecuador, De cerca y de memoria: Lecturas, autores, lugares, un libro di ricordi di scrittori e artisti dell’America Latina e dell’Europa.
Ha tradotto in spagnolo la poesia di T. S. Eliot, Langston Hughes, Jacques Prévert, Yannis Ritsos, Vinícius de Moraes, Nâzim Hikmet, Fernando Pessoa, Joseph Brodskij e Seamus Heaney.
Nel 2008 è stata pubblicata la raccolta delle sue opere poetiche nel volume Jorge Enrique Adoum, Poesía hasta hoy (1949-2008), Ediciones Archipiélago, Quito, Ecuador.
Dal 1998 al 2009 è stato uno dei poeti protagonisti dei progetti di Casa della poesia (Baronissi, Napoli, Salerno, Trieste, Pistoia, Vilenica, Roma, Amalfi, L’Aquila).
Nel 2010 è stato realizzato il film biografico Jorgenrique dal regista ecuadoriano Pocho Álvarez.
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