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04/04/2011

l-arcano-del-vietnam-jack-hirschman Estratto

L'Arcano del Vietnam L’Arcano del Vietnam è un “libro miracolo”. Scritto nel 1972, rifiutato da vari editori, perduto per tanti anni e poi “miracolosamente” ritrovato, rappresenta un punto nodale nella formazione e nella costruzione della coscienza letteraria, poetica e politica di Jack Hirschman. Atto di accusa e di partecipazione l’opera si immerge in un momento tragico della storia degli Stati Uniti che ha profondamente ferito l’animo di un’intera generazione, incrinando definitivamente il “sogno americano”.
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L'Arcano del Vietnam 2017 978-88-86203-77-7 176 Altre Americhe Raffaella Marzano Raffaella Marzano
15,00 €
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Prologo


Ci sposammo 17 anni fa
in questo stesso giorno.
Scrivo ora con quella
amicizia che c’è stata tra noi
dal primo momento in cui ci incontrammo.
Come potevamo sapere
che le nostre mani avrebbero incontrato
il Partito di questo amore
e che un popolo
ci avrebbe legati al mondo intero
in maniera così assoluta.
Persino allora, anche se non lo sapevamo,
lo spazio stava preparando
il più profondo degli alberi.
Nel libro sulla Cabala posso vedere
i 10 sephirot che formano
l’Albero della Vita.
Ma quello da cui in definitiva deriva,
il grande albero con i bambini
che ardono in esso,
lo guardo con altri occhi.
Cosa si può fare per offrire un principe, e quale?
Quale vergine quando questi campi sono cosparsi
di imeni.
Raccolgo un bambino morto in una poesia
e lo porto fino al prossimo villaggio,
fuori dalla traiettoria del bombardamento.
Vive fra le braccia del mio verso libero,
lo riconosco:
un Gesù Cristo bruciato di tre anni,
il nostro aborto.
Nella poesia, nostra sola speranza e Partito
egli vive, una finzione più vera
della scienza della guerra
che lo ha assassinato,
questo piccolo “criminale” della nostra esaltazione
che è diventato un chicco di riso nella mia mano.
Lo assaporo come
uno delle migliaia che ci hanno lanciato.
Assaporo con te
sotto il Khăn-Phủ-Diện,
il velo rosso,
il vino ed il cammino del nostro matrimonio
nel vero tempio
ad Hà Nội,
e nel buio dopo
faccio correre la mia mano sul tuo corpo, adorato,
che sanguina accanto a me,
fuori il fiume intreccia i suoi capelli
con fuoco e acqua, l’aria
brulica di occhi che
fissano e fissano,
non ancora nati e già
non vogliono essere,
curvando di nuovo verso l’interno,
feti in tutto il cielo
che è rotondo come un grembo
che
rifiuta
di risuonare
perché il mondo non ci sarà,
se non nel suono
della poesia.
Spegniamo i suoi ritmi, i colori del suo
arcobaleno che il cuore
salta alto come una balena.
E i ponti, tante piccole costole.
Le colline le abbiamo tenute
per noi
come rosei seni.
Tu assapori le bacche di aronia
e pezzetti di noci di betel che anneriscono i denti
insieme all’amaro degli amici
e famiglie bombardate,
vaporizzate.
Assaporo chilometri e chilometri
di tunnel sotto terra
in cui vivemmo e resistemmo,
in cui solo il Lên Ðồng e la lotta
per la vittoria della giustizia
potrebbero redimere
le piccole tombe che rivestono
il manto della nostra assoluta nudità
affinché tutto il mondo possa vedere.