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04/04/2011
Paul Polansky
02/11/2009 Teodora Mastrototaro liberincipit

Un Babbo natale (perché è così che possono vederlo occhi che non hanno perso l’essere sognatori e un po’ bambini) che ha portato a Barletta, con quasi 2 mesi di anticipo, il più grande regalo che potevamo ricevere in dono, la sua poesia. Paul Polansky. Lui è il “vecchio pugile” che ha “steso” KO i presenti scazzottando, con le nostre anime, usando la sua voce come pugni. Affascina la particolarità che il cuore dell’intera poesia, che lo si può definire come la poesia vera e propria, siano gli ultimi versi. E’ in questi che l’animo del nostro autore prende una forma letteraria -poetica. Le parole che anticipano l’esplosione finale sono una prosa in versi di denuncia. Denuncia di una realtà ingiusta. Vite descritte perché personalmente vissute dall’autore, o vite descritte dai protagonisti stessi e, in questo caso, il Polansky poeta diviene giornalista-cantastorie di una società che vive nell’assurdo. L’ironia sottile e pungente che taglia come lama i concetti stessi esposti è un’altra particolarità della sua scrittura . Un ironia che fa sorridere ma dietro le labbra che accennano la smorfia si nasconde il retrogusto amaro della realtà. Diventa così la sua poesia (che poi altro non è che lui stesso) per un attimo, un pagliaccio. Dietro l’apparenza di versi ironici … la tristezza. Il terrore risuona nella voce di alcune sue composizioni. A volte la rabbia di un uomo, che non accetta l’inumanità, rimbomba e fa rimbombare la stanza e noi che siamo la stanza di noi stessi. E in questa stanza un giorno di fine ottobre un uomo che sembra Babbo Natale (perché è così che possono vederlo occhi che non hanno perso l’essere sognatori e un po’ bambini), bussando alla nostra porta è entrato in noi e, seduto sul divano della nostra coscienza, ha iniziato a viverci. Teodora Mastrototaro