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04/04/2011
Le stelle a chi le lavora
06/05/2013 Nicola Vacca Satisfiction

Juan Carlos Mestre è una delle voci più importanti della poesia spagnola contemporanea. Eclettico poeta e artista visuale, Mestre nei suoi versi resistenti e disobbedienti costruisce una presa di coscienza corale che cerca sempre una voce sola per stare sempre dalla parte dei più deboli e oppressi.
Per lui la poesia è pane da spezzare con gli altri “è una medaglia di diamante perfetto, la consolazione, la vertigine che consegni dai tuoi passi ad un altro quando ti avvicini al vuoto”.

Grazie al lavoro della Casa della poesia e alla Multimedia edizioni esce Le stelle a chi le lavora, una corposa antologia della sua opera curata e tradotta da Raffaella Marzano e Guadalupe Grande.

Mestre è anche una voce unica nel panorama culturale europeo, un poeta totale che ha una vocazione forte: credere nella possibilità di costruire ancora una coscienza civile, unica e concreta via per raccontare il nostro stare nel mondo in preda a una incosciente follia d autodistruzione.
Davanti al pianeta ferito la sua poesia elabora un vissuto di cose e nomi. Con una trasparenza irriverente smaschera ogni convenzione sociale: “In un teatro vuoto nessuno ricorda l’invenzione del mondo./ Un teatro vuoto  è un paese abbandonato dalla gente come noi”.
La realtà è il campo d’azione della poesia di Juan Carlos Mestre che ha un modo tutto personale di stare nel suo presente: “ una poesia deve essere semplice come le vacanze della classe media, / un piccolo pioniere che faccia uscire gli uccelli dalla testa del proletariato”.
Mestre è un artigiano di una straordinaria poesia corale dalle molteplici implicazioni umane.  Il poeta scava nella dignità degli esseri umani alla ricerca di quel qualcosa che fa la differenza. Quel qualcosa è la poesia stessa, una voce che nasce sempre dalle cose che tocchiamo e che inevitabilmente non possiamo non vivere come partecipazione a tutte le categorie dell’esistente a cui apparteniamo nella gioia, nel dolore, nella morte. “Questa è la poesia, lo splendore eretto nella libertà della gabbia, la cicatrice nel midollo di questo tempo che passa senza durata in noi”.
La poetica di Mestre è la disobbedienza. La poesia è vissuta come un processo di guarigione che guarda alla salvezza del linguaggio liberatorio dell’immaginazione e si oppone energicamente all’arroganza di ogni forma di potere.
“Poesia, non mi sembra decoroso che tu fugga a passi giganti  dal mio cuore”. Questo non deve mai accadere, altrimenti ci perderemo per sempre. La capacità di stupire della poesia è l’unica possibilità che abbiamo per non vivere da prigionieri “nelle periferie dell’Apocalisse”.

 

Nicola Vacca